UN'ALBA PIENA DI SORPRESE (ARTICOLO)

UN'ALBA PIENA DI SORPRESE

Repubblica — 01 febbraio 1999   pagina 23   sezione: CULTURA

Milano Otto giorni prima di morire, nel novembre del 1997, Alba de Céspedes donò le sue carte agli Archivi Riuniti delle Donne che hanno sede a Milano nell' antica casa della centenaria Unione Femminile Nazionale. Quando Annarita Buttafuoco, docente di storia contemporanea a Pisa, e Marina Zancan, docente di letteratura italiana contemporanea a Roma, andarono a prendere visione del lascito nell' elegante appartamento parigino della signora sull' isola Saint Louis, rimasero, come si dice, di sale.
I cento metri quadri erano praticamente un solo grande archivio, tra i quadri di valore e i bei mobili antichi si accumulava perfettamente ordinato un parossismo cartaceo. L' ultimo discreto e ben più giovane compagno della scrittrice (molte signore di penna si adagiano in questa fortuna) condusse le affascinate visitatrici italiane nei meandri silenziosi di quella che era stata una lunga vita geniale ed ora attendeva di raccontarsi, di rivelarsi, attraverso l' esagerazione dei suoi reperti, sapientemente raccolti e conservati per scongiurare la smemoratezza dei posteri. In aiuto ai quali e per impedire loro ogni pigrizia o dimenticanza, Alba aveva segnato su un quaderno dalla copertina nera, come quello di Quaderno proibito e di tutti i suoi diari, una specie di mappa del tesoro, la toponomastica della sua paziente e parossistica documentazione che dilagava oltre i luoghi canonici deputati alla raccolta di carte, la scrivania, le librerie, gli schedari: nel cassettone '800 del salotto i contratti di lavoro, nello stipetto in anticamera la raccolta della sua rubrica Dalla parte di lei (dal titolo del suo fortunato romanzo pubblicato nel ' 49) tenuta su Epoca dal ' 56 al ' 61, nei cassetti in cucina le lettere di e all' amato secondo marito, nell' armadietto del bagno i conti d' albergo e le bollette di casa.
Alla fine nella sede dell' Unione Femminile fondata nel 1899 "per l' elevazione ed istruzione della donna", arrivarono 105 casse e tre bauli, pieni di libri (più di 6.000) e documenti. E da allora (ne avranno ancora per molto tempo), al Fondo De Céspedes, riconosciuto di notevole interesse storico, stanno lavorando con perizia e passione Linda Giuva dell' Archivio centrale di Stato di Roma, Marina Messina della Sovraintendenza archivistica della Lombardia, Alessandra Miola che controlla il lavoro quotidiano e quattro sapienti ragazze, carine e austere, Laura Di Nicola, Stefania Girardello, Federica Negri, dottorande in Storia delle scritture femminili e Ilaria Gradassi laureanda in Storia contemporanea.
Tutte donne, in un luogo di donne fondato da donne, attorno alla memoria, alla vita e al lavoro di una grande donna. Dicono le studiose entusiaste che l' archivio di Alba de Céspedes rappresenta "uno dei più affascinanti aggregati archivistici esistenti oggi in Italia" perché inizia ancora prima della sua nascita e arriva ricchissimo sino alla morte, tanto più eccezionale in quanto di solito i fondi femminili sono scarsi, anche perché la maggior parte delle donne non si ritiene tanto interessante da raccogliere i documenti della propria vita, né immagina che dopo la morte qualcuno si prenda la briga di occuparsene.
La scrittrice, mossa da un narcisismo straordinario, comincia sin da bambina ad autorappresentarsi non gettando via neppure un pezzetto di carta che la riguardi. Ecco quindi le poesie scritte a dieci anni, ecco le foto e gli articoli di giornali che parlano del matrimonio, lei quindicenne, con il conte Antamoro e poi, non soddisfatta di aver deciso da subito di documentare una vita che lei solo sapeva sarebbe diventata preziosa, eccola raccogliere la corrispondenza dei suoi genitori (il padre, Carlos Manuel, ex guerrigliero e presidente della repubblica cubana, poi diplomatico a Roma, la madre Laura Bertini, italiana divorziata per amore dell' affascinante straniero), il testamento del nonno eroe della rivoluzione cubana e liberatore degli schiavi. E poi un mare allarmante di carte, anche apparentemente insignificanti: le notule del medico, i biglietti di viaggio, i conti degli alberghi e della spesa, i contratti di lavoro, le lettere degli ammiratori, gli articoli di lei e su di lei e i suoi libri, le corrispondenze con editori, intellettuali, le amiche scrittrici, Sibilla Aleramo, Ada Negri, Gianna Manzini, i collaboratori della rivista letteraria Mercurio da lei diretta tra il ' 46 e il ' 48, i quaderni preparatori dei romanzi, le veline delle sue trasmissioni del tempo di guerra da Radio Bari che teneva col nome di Clorinda, una montagna di lettere sue, velocemente recuperate, all' amato secondo marito Franco Bounous e i di lui telegrammi, cartoline, missive da ogni parte del mondo, essendo lui diplomatico. E poi tutti i suoi romanzi e raccolte di racconti o poesie, dal primo e celeberrimo Nessuno torna indietro che uscito nel ' 38 scandalizzò i fascisti, all' ultimo pubblicato nel ' 73 prima in francese e poi da lei poliglotta tradotto in italiano col titolo Nel buio della notte: ogni edizione o traduzione annotata e corretta sui margini, o corredata da fogli con sgridate e osservazioni, e poi tutti i suoi libri preferiti, spesso con dedica dell' autore, e una gran quantità di volumi su Cuba, la sua storia e il suo adorato Fidel.
Ogni libro catalogato, ogni foglietto nella sua apposita scatola o cartellina, tutto ordinato, rintracciabile, per ricordare a lei stessa ogni momento della sua vita, per indicare agli ansiosi studiosi futuri le ricche vie della sua biografia fino alle tracce più esili ma per lei non meno significative. Si immagina la signora che conservò una sua aristocratica bellezza illuminata da splendidi occhi azzurri sino all' ultimo dei suoi 86 anni, intenta a raccattare ogni prodotto cartaceo della sua esistenza nei turbini d' amore e da partigiana, nelle prigioni fasciste e nelle fughe, alla nascita del suo unico figlio Franco quando lei era quasi ancora una bambina, nei traslochi e nei viaggi, trafitta dal carisma di Castro o afflitta dai risultati delle versioni cinematografiche e televisive dei suoi romanzi, tenendo copia di ogni lettera spedita, indicando nei diari ogni incontro e pensiero come fatali, vivendo sempre i suoi giorni come un destino da ricordare e tramandare.
Una fatica immane, intrecciata alla sua passione per la scrittura che affrontava di notte, andando negli ultimi anni a dormire di giorno, di cui rifiutava il frastuono e il disperdersi del suo tempo prezioso: tutto impiegato a costruire il suo proprio monumento. Tanto da dimenticare talvolta gli intralci, ma anche le gioie del vivere, non senza rimpianti e rimorsi. Si illanguidiscono le giovani archiviste trovando una lettera appassionata nel mare epistolare tra la signora e il marito sempre lontano per i suoi impegni di ambasciatore, e che lei pur amandolo molto non voleva seguire per raccogliersi nella quiete infrangibile del suo scrivere nella casa parigina: "Forse sono io stata sempre una cattiva moglie, perché dovevo lavorare, perché volevo troppo amore, perché forse non sono una donna come le altre... Ma cerca di ricordare che ti ho amato tanto, tanto, senza mai smettere un momento di amarti... Penso che tutta la mia vita è sospesa a un filo e tu ne tieni in mano l' altro capo. Se lo lasci precipito, ma se hai voglia di lasciarlo non avere pietà: abbi semmai solo amore".
Frugando nelle ordinate cartellette, vengono fuori i testi delle recite casalinghe, scritte per gioco tutti insieme, dalla De Céspedes e dagli amici, Maria Bellonci e Paola Masino, Corrado Alvaro e Elio Vittorini, e piene di ammiccamenti goliardici: "Oh che gioia essere autori/ della casa Mondadori/ oh che gaudio esser chiamati/ a far parte de' beati/ dei felici, degli eletti, e si sa, De' Benedetti/ Con la Suora dell' Arpino/ e con quelle della Banti/ noi giochiamo a rimpiattino/ intrecciando lieti canti/ c' è uno Scialo di diritti, un Montale di proventi/ perciò stiamo zitti zitti/ buoni buoni e sorridenti/ sostenuti per di dietro/ ma con Grazia da Sanpietro".
Batte il cuore alle ragazze all' idea di affrontare al più preso il pesante fardello di appunti, abbozzi, prime stesure, del grande romanzo interrotto cui stava lavorando da vent' anni, che doveva intitolarsi Con molto amore (De Céspedes incantata da Cuba chiede al suo idolo Castro "Ma come hai fatto in così poco tempo?". Risposta del dittatore "Con mucho amor") ed essere una specie di autobiografia sua intrecciata alla storia della sua famiglia e della rivoluzione cubana. Nel labirinto della sua stessa vita, dei ricordi e del fin troppo ricco archivio, la signora si è fatta anno per anno più fragile e si è perduta, forse assediata dalle carte forse scontenta di sé, e non è riuscita a finire l' opera cui teneva di più, la sua glorificazione officiata da lei stessa. - di NATALIA ASPESI

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